Come reagire agli sbalzi d’umore dei nostri figli adolescenti.

Capire un figlio adolescente non è per niente facile: è scontroso, infastidito da ogni domanda che gli poniamo, ci dice poco o niente, si chiude nella sua camera e quando gli chiediamo di fare qualcosa ci risponde in malo modo. È comprensibile che per un genitore questo comportamento sia esasperante: il nostro ruolo consiste nell’educare ed essere un esempio e non accettiamo di essere maltrattati e svalutati. Quando ciò accade, istintivamente ce la prendiamo, alziamo la voce, imponiamo divieti e punizioni per far valere l’autorità genitoriale. Ma se ci pensiamo bene, questa è la classica reazione di chi non sa come comportarsi perché si sente sfuggire di mano le redini, un po’ come il cane che abbaia e ringhia solo perché ha paura.

Accogliendo ciò che vivono i nostri figli, il quadro si fa molto più limpido e possiamo capire come certi atteggiamenti siano dettati da vari fattori che sono al di fuori del loro controllo e, soprattutto, che il loro modo di fare non ha nulla di personale nei nostri confronti.

L’adolescenza è la fase dell’emotività esasperata, caratterizzata da continui sbalzi d’umore che nemmeno i ragazzi capiscono e riescono a gestire, con momenti di euforia seguiti improvvisamente da una profonda, esasperata tristezza. In quegli anni i nostri figli attraversano ripetute crisi che portano alla costruzione della loro identità, durante le quali mettono in discussione gli adulti di riferimento, in particolare i genitori: dobbiamo prevederlo, accettarlo e, di conseguenza, avere un atteggiamento molto elastico verso di loro.

Questo non significa assolutamente lasciarli liberi di fare tutto ciò che vogliono, ma comprendere le loro emozioni e i loro comportamenti, che sono del tutto naturali per il periodo che stanno vivendo. Anche se siamo tentati di pensare che ormai possano cavarsela da soli, non è così: vanno osservati e hanno bisogno di ascolto. Dato che cominciano a confrontarsi sempre più con i coetanei, devono avere la consapevolezza di essere accettati prima di tutto dalla famiglia, che è il luogo di appartenenza dal quale partire e dove tornare, anche perché i loro simili – con i quali hanno sempre più necessità di relazionarsi – sono a loro volta sulle montagne russe.

Innanzitutto, è fondamentale osservare i figli negli atteggiamenti, nella quotidianità, nelle frequentazioni, nei passatempi, in modo che non si sentano controllati ma nemmeno abbandonati a se stessi.

L’ascolto è l’altro aspetto fondamentale, ma deve essere un ascolto senza giudizio che, per quanto difficile, è possibile per un genitore. Ciò che più va colto è però il non detto che si cela dietro le parole, perché spesso non ascoltiamo con attenzione ciò che un figlio vorrebbe comunicarci e gli rispondiamo di getto, convinti come siamo di conoscerlo a menadito e di sapere già quello che ha in mente. Cerchiamo invece di non interromperlo o sommergerlo di domande, ragionando sul fatto che per lui non sia facile comunicarci un disagio e possa avere bisogno di tempo. Il fatto che senta la necessità di parlare con noi è già un notevole traguardo, che dobbiamo premiare.

Quando un ragazzo si avvicina a un genitore per confidarsi, l’ultima cosa che desidera ricevere è un giudizio. L’adolescente fa una fatica immensa ad aprirsi e a manifestare il proprio stato emotivo: se si sentirà giudicato si chiuderà a riccio e diventerà molto difficile stabilire un contatto con lui. È dunque essenziale individuare il momento giusto per attivare la comunicazione, essere pazienti ed evitare le risposte impulsive, cercando di distaccarci dalla nostra prospettiva di adulti e di capire le reazioni dei nostri figli.

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Roberta Ferrari

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Conduttrice, giornalista, autrice, doctorate in psicologia. Amo mia figlia Iris, i miei affetti, gli animali, il mio lavoro.

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